Una riflessione veloce, a caldo, sulla questione Report Vs Gucci, chiamata poi GucCina. Per chi si fosse perso la puntata di Report di ieri sera, faccio un piccolo sunto: Arnoldo Guidotti, artigiano fiorentino alle dipendenze di Gucci, ha denunciato, insieme al suo collega cinese, il sistema che ha permesso al gruppo Kering di mentire sull’autenticità del Made in Italy ottenendo comunque la certificazione SA8000 sulla responsabilità sociale ed etica.
Il sistema funziona così: i dipendenti italiani vengono mandati a casa per sostituirli con quelli cinesi che sulla carta risultano part-time mentre in realtà lavorano il doppio o il triplo.
Tra le altre cose, la società viene intestata a un italiano (costretto a fare da prestanome) ma i dipendenti sono cinesi e e i gruppi di lavoro vengono gestiti da cinesi. In questo modo, l’azienda ottiene maggiori profitti a discapito degli artigiani italiani.
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L’accusa è grave: un’azienda che pubblicizza coscienza sociale, sarebbe colpevole di evasione e sfruttamento dei dipendenti. Vi dico subito che Gucci, oggi, ha comunicato di prendere le distanze nel modo più assoluto dai contenuti e dalla forma del servizio mandato in onda da Report. Questo è quanto.
GuCcina – Il giorno dopo
La questione che vorrei affrontare qui è: oggi mi sarei aspettata di assistere a una bufera Moncler-style che però non sto vedendo. Come mai?
Chi mi segue sulla pagina facebook, sa che prima della puntata avevo annunciato questa inchiesta, spiegando brevemente cosa avrebbe mandato in onda REPORT dopo qualche ora e senza lasciare giudizi personali sulla faccenda: 3000 visualizzazioni al post, ma poche interazioni, tre condivisioni, qualche defollow alla pagina.
Mi conveniva parlare delle oche, a suo tempo, a quanto pare ci piacevano di più.
C’è chi, infatti, ha parlato di oche per giorni ma sullo sfruttamento dei dipendenti, sul danneggiamento dell’immagine del Made in Italy, ecc… non proferisce parola alcuna. Cercando i tag #Gucci o #Guccina sui social spunta poco e niente, se non i tweet e gli status (pochi, comunque) di ieri sera.
Gucci non se la sta vedendo comunque benissimo, sulla pagina facebook gli insulti e le lamentele sono arrivati puntuali.
Scandalo Gucci: italiani e italioti
Un’altra cosa che mi disturba parecchio, riguarda l’italiota medio che di questa faccenda ha capito solo che Gucci paga il lavoro di una borsa 24 euro per rivendere il prodotto a 830. La borsa comprata da H&M a €19,90 pagata pochi centesimi non lo disturba affatto, perché da H&M se lo aspetta, in più gli fa spendere pochi soldi e quindi lo rende felice.
Beh, non è proprio così. Senza contare che le aziende hanno ben altri costi, oltre che l’assemblaggio dei prodotti, (costo delle materie prime, assunzioni, attività ecc…) sono sicura che cercando un po’ ovunque scopriremmo che sono ben poche le aziende che si salvano da questo meccanismo. O almeno così si mormora.
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Oggi, comunque, lo stesso italiota, sulla pagina di Gucci, non si vergogna a scrivere pubblicamente “Tanto vale comprare la borsa taroccata“. E io quello stavo aspettando. Certo, quale modo migliore di combattere evasione e sfruttamento con altra evasione e sfruttamento?
Sabotiamo un’azienda che commetterebbe reato commettendo noi stessi un altro bel reato, che geni!
La contraffazione in primis danneggia le aziende ed è causa del crollo dei guadagni nonché del licenziamento deI lavoratori, danneggia l’economia di un intero Paese ed è REATO.
Detta in breve: questa faccenda creerà un danno notevole all’immagine e alla credibilità del Made in Italy, non vi ci mettete pure voi.
E quindi?
E quindi vorrei sapere come mai la bufera in stile Moncler non c’è stata. L’indignazione di una sera, mi verrebbe da dire. C’è chi dice che non c’era da stupirsi perché nel 2011 un’inchiesta simile, chiamata “Gli schiavi del Lusso”, toccò Prada, quindi nessuna novità. Altri dicono che già si sapeva, quelli del “e cosa vi aspettavate?” per intenderci.
Io, per esempio, al prestanome italiano per coprire lo sfruttamento dei cinesi non ci avrei mai pensato e scusatemi tanto se cado dal pero, soprattutto se si parla della terza azienda più famosa al mondo.
Non mi sembra comunque una buona ragione per non parlarne, ma questa è la mia modestissima opinione. Ma forse, o almeno a quanto pare, se non sono animali, non ci toccano; oppure ci toccano ,ma non abbastanza.
Qual è la vostra opinione a riguardo?
14 thoughts on “Report Vs Gucci – #GucCina: l’indignazione di una sera”
Purtroppo non ho seguito né la puntata di Report riguardo a Moncler e alle oche né questa riguardo a Gucci e ai suoi rapporti con la Cina, non per indifferenza ma perché purtroppo fisicamente non ero a casa in nessuna delle due occasioni. Se la prima si è però ripercossa sui social – con opinioni più o meno condivisibili – per giorni e giorni della seconda non ho sentito dire una sola parola se non appunto questa tua opinione e pochissime altre sul web. Sinceramente, prendo anche io le distanze da chi specula sull’argomento “costo” dei prodotti di lusso (suggerendo alternative illegali di cui sono SCHIFATA) in quanto dimostra assolutamente di non sapere un’H di cosa c’è dietro ad una produzione di quel tipo, però del tema dello sfruttamento di manodopera cinese vorrei davvero sapere di più. E soprattutto, tutto ciò è collegato al recente licenziamento di Frida Giannini?
Se non è collegato, è certamente un caso strano. Ammetto di averlo pensato anch’io, ieri 🙂
Idem come Iris, ho notato anche io del gran casino scatenato per Moncler e mi è sembrato strano non vedere lo stesso per Gucci. Sono figlia di una sarta che per anni ha lavorato per la Ittierre fino a quando questa non è fallita, e queste faccende purtroppo non mi sono nuove! Ma è avvilente quanto la gente seriamente cada dal pero quando scopre che oddio!, i piumini sono fatti di piume vere!, e poi non si indigni non dico per il comportamento dell’azienda (non tutti capiscono la gravità della questione) ma perlomeno per le condizioni di lavoro di centinaia di operai…cinesi. L’idea comune è invece “vedi? Vengono qui e ci rubano il lavoro”, sì ma chi è che lo sfrutta, questo lavoro? Io non so più che dire…
Visit my blog: The Style Fever by Mina Masotina
Mina, concordo su tutto, hai centrato il punto. A mio avviso, c’è una grandissima contraddizione in questa “non reazione” generale, ma a quanto pare più l’azienda è grande e più si pensa sia meglio stare zitti. A me sembra un atteggiamento di convenienza.
Grazie per aver detto la tua, cara :**
Non ho seguito nessuna delle due puntate ma ho letto delle polemiche smisurate su Moncler…. di Gucci mi stupisco fino ad un certo punto, perchè purtroppo avendo lavorato nel settore moda produttivo, ho visto che dietro ad un prodotto millantato 100% Made in Italy, la maggior parte della produzione è regolarmente italiana di manodopera cinese.
Se volessimo ”sabotare” i grandi marchi, dovremmo autoprodurci le cose, ma non basterebbe comunque: la maggior parte dei prodotti sono purtroppo ormai di provenienza estera e, spesso, cinese… producono quasi tutte le materie prime da quelle parti…
Non ti ho rassicurato di certo, però la triste verità è questa 🙂
Un saluto,
Marta
Ciao Marta, grazie per aver detto la tua!
Questa mattina ho avuto modo di confrontarmi con persone che, come te, lavorano nella produzione, e come puoi immaginare mi hanno detto le stesse identiche cose che ora hai scritto tu qui. Come ho scritto nel post, sono sicura che sono poche le aziende che si salvano da questo meccanismo. Il Made in Italy ci rimette in credibilità, saranno in tanti a pagarne le conseguenze, purtroppo.
Un bacione e grazie ancora!
Ciao Laura,purtroppo non ho seguito la puntata ne visto il tuo post in merito,ma per fortuna hai fatto questo post sul blog,e hai ragione non c’e nessuno che ne parli… Ho un negozio di abbigliamento,e le aziende con cui trattiamo i rapporti sono per la maggior parte Made in Italy con produzione propria…ma purtroppo la competizione e’vasta , le spese sono tante,le materie prime provengono tutte dall estero ,ma c’e’ differenza anche nella scelta dei tessuti (quindi dell investimento e del prezzo finale) nonostante ciò ne viene fuori un prodotto medio-basso alla vendita. Mi rendo conto che la clientela esige sempre il prezzo piu basso a discapito della qualita e del Made in Italy,ma si scandalizza come hai detto tu delle oche piuttosto dello sfruttamento lavorativo che c’è dietro … io quindi mi chiedo Dove sono le leggi? Dove sono i diritti del lavoratore? Dov e’ l’umilta’ ? Dov’è una vera presa di coscenza? Purtrotto mi sembra che si sia creato un circolo vizioso difficile da spezzare.
Un bacione,
continuo a seguirti e supportarti, non ti defollowo 😉
“Un circolo vizioso difficile da spezzare” non potevi usare parole più adatte, Viviana! In Italia la coscienza sociale scarseggia, mi sento di dire, ed è il vero motivo per cui facciamo solo passi indietro. Il sistema non cambierà, non tutti gli artigiani sono in condizione di poter fare una denuncia come questa perché il rischio è alto, e lo Stato non li protegge. Lo stesso sig. Guidotti, l’artigiano che ha denucniato questo sistema, sta rischiando tanto, ma lo ha fatto nella speranza che questo cambi. Stima assoluta.
Io, comunque, mi vergogno tantissimo di essere italiana, in questi casi. Grazie per aver detto la tua! E grazie per il non-defollow ahaha
Ciao Laura,
ammiro il tuo coraggio nell’affrontare questo argomento tanto delicato quanto difficile soprattutto per chi ha che fare con il settore fashion.
Tornando al tuo post e al fatto che la puntata su Moncler ha creato molto pià rumore, le mie ipotesi sono due:
1) lo sfruttamento animale e la finta etica a riguardo vanno “di moda”
2) Dopo la puntata su Moncler sono usciti diversi articoli contro la trasmissione in quanto accusa senza creare un contraddittorio, molti hanno pensato si trattasse di una strategia per fare ascolti.
3) Gli Italiani o Italioti che dir si voglia si annoiano e dimenticano presto.
La mia opinione che oltre che accusare le aziende il vero colpevole è lo stato che ha reso il costo per singolo lavoratore regolare altissimo e insostenibile e vai che per risparmiare si sfutta la manodopera cinese.
Se lo stato abbassasse le tasse e il costo del lavoro, rendesse agevole per piccole, medie e anche grandi aziende assumere operai e artigiani specializzati allora forse le cose potrebbero cambiare (forse).
Intanto, ti mando un bacio e ti auguro un buon Natale.
ps grazie per gli spunti interessanti
Grazie a te, Claudia! Concordo con te, lo Stato ha la sua buona percentuale di colpe, i costi di assunzione sono elevatissimi e le tasse lasciano meno della metà dei guadagni. QUando aggiungi affitti, bollette, costi di produzione, cosa resta? Mi piacerebbe tanto sapere cosa faranno i politici a riguardo, ma la risposta la conosciamo già.
Grazie per essere passata! Un bacione!
Io non ho seguito la puntata e mi ha fatto molto piacere leggere il tuo post: qui la questione non è il rincaro su una borsa ma le condizioni che portano al rincaro. L’impoverimento della nostra manodopera e lo sporcare il tanto rinomato Made in Italy. Siamo giunti al prestanome per giustificare lo sfruttamento, ma dai! Che vergogna. Ma sai, l’italiano medio ha la memoria corta e pur di girare con la borsa di marca fa orecchie da mercante. Io sono indignata e vado a cercarmi la puntata in streaming!
Kiss
TatiLovesPearls.com
Bravissima! :* Bacione!
nemmeno io avevo seguito, ti ringrazio per le informazioni!
Essere animalista a semplicemente di moda, tutto qui. Chissenefrega se uno sconosciuto perde il lavoro (perchè l’italiota ragiona così, se il problema non lo riguarda direttamente non è affar suo), oh, povere oche! Le torturano per un piumino!
Sai che novità.
Sull’argomento Made in Italy/contraffazioni/esternalizzazione del lavoro c’ho scritto la mia tesi di laurea, quindi mi sento particolarmente coinvolta nella faccenda: conosco i meccanismi e ti dico che è assolutamente necessario mettere mano alla legge che regola l’etichetta del Made in Italy per modificarla in modo concreto. L’artigianalità italiana è la forza che potrebbe risollevare l’economia nostrana! Forse non ce ne rendiamo conto ma il concetto di “Made in Italy” all’estero è considerato sinonimo di eccellenza, qualità e lusso, ti pare normale che per pregiarsi si una simile etichetta un’azienda può far produrre in Cina a patto che i materiali provengano da qui? È assurdo!